El pasado mes de Julio marcó el 50 aniversario del lanzamiento de la interpretación del estado relativo (IER) de la mecánica cuántica, en la que universos paralelos están constantemente brotando del que nosotros experimentamos, con sucesos diferentes teniendo lugar en ellos. La IER compite con la interpretación de Copenhague, que tiene en Niels Bohr a su representante más conocido, en la que el estado cuántico de un sistema cambia abruptamente cuando es observado (el colapso de la función de onda). Se observa un resultado y, de acuerdo con la interpretación de Copenhague, las partes del estado cuántico que predecían otras posibilidades simplemente desaparecen.
La IER fue formulada por Hugh Everett en 1957. La interpretación pasó bastante desapercibida en su momento, desanimando al joven Everett de tal manera que éste abandonó la física por los análisis de defensa y, posteriormente, la informática (Everett murió con 51 años y multimillonario). La IER fue redescubierta para el mundo por Bryce deWitt en 1970. La lectura que hace deWitt de la IER es sin duda la más popular de las varias que se han hecho: la interpretación muchos mundos (con la que hemos abierto este artículo). La idea fundamental de la IER es que existen miríadas de mundos en el universo además del mundo que percibimos. En particular, cada vez que tiene lugar un experimento cuántico con diferentes resultados posibles con probabilidad distinta de cero, se obtienen todos los resultados, cada uno en un mundo diferente, incluso si sólo somos conscientes del mundo con el resultado que nosotros hemos visto. De hecho los experimentos cuánticos tienen lugar en cualquier parte y muy a menudo, cada vez que un tubo fluorescente algo gastado titila, por ejemplo. Además de la lectura de deWitt, existen otras como la “muchas mentes” de Albert y Loewer o la “muchas historias” de Gell-Mann y Hartle.
Los defensores de la IER arguyen que la IER reconcilia cómo podemos percibir sucesos no-deterministas (como la desintegración aleatoria de un átomo radiactivo) con las ecuaciones deterministas de la física cuántica. Hoy día la IER y la interpretación de Copenhague son dos de las principales interpretaciones de la mecánica cuántica; si bien la primera es minoritaria cuenta con defensores del peso de David Deutsch.
La IER fue formulada por Hugh Everett en 1957. La interpretación pasó bastante desapercibida en su momento, desanimando al joven Everett de tal manera que éste abandonó la física por los análisis de defensa y, posteriormente, la informática (Everett murió con 51 años y multimillonario). La IER fue redescubierta para el mundo por Bryce deWitt en 1970. La lectura que hace deWitt de la IER es sin duda la más popular de las varias que se han hecho: la interpretación muchos mundos (con la que hemos abierto este artículo). La idea fundamental de la IER es que existen miríadas de mundos en el universo además del mundo que percibimos. En particular, cada vez que tiene lugar un experimento cuántico con diferentes resultados posibles con probabilidad distinta de cero, se obtienen todos los resultados, cada uno en un mundo diferente, incluso si sólo somos conscientes del mundo con el resultado que nosotros hemos visto. De hecho los experimentos cuánticos tienen lugar en cualquier parte y muy a menudo, cada vez que un tubo fluorescente algo gastado titila, por ejemplo. Además de la lectura de deWitt, existen otras como la “muchas mentes” de Albert y Loewer o la “muchas historias” de Gell-Mann y Hartle.
Los defensores de la IER arguyen que la IER reconcilia cómo podemos percibir sucesos no-deterministas (como la desintegración aleatoria de un átomo radiactivo) con las ecuaciones deterministas de la física cuántica. Hoy día la IER y la interpretación de Copenhague son dos de las principales interpretaciones de la mecánica cuántica; si bien la primera es minoritaria cuenta con defensores del peso de David Deutsch.
Entrevista a David Deutsch: http://www.newscientist.com/channel/opinion/mg19225811.800
Biografía de Hugh Everett III: http://space.mit.edu/home/tegmark/everett/everett.html
SPE: http://plato.stanford.edu/entries/qm-everett/
Scientific American: http://blog.sciam.com/index.php?title=many_worlds_in_oxford&more=1&c=1&tb=1&pb=1
Everett@50 (Universidad de Oxford): http://users.ox.ac.uk/~everett/
L'ipotesi di Everett (o "interpretazione a molti mondi"),impone numerose restrizioni al procedimento di quantizzazione.Tale ipotesi,suggerisce anche di imporre particolari restrizioni alle condizioni inerenti alla funzione d'onda dell'Universo;restrizioni che non appaiono naturali nelle altre interpretazioni.Secondo queste ultime,l'Universo odierno è costituito da un unico "ramo" generato nel lontano passato dalle forze a cui è dovuta la riduzione della funzione d'onda.Di conseguenza,nelle interpretazioni diverse dall'ipotesi di Everett,gli effetti quantistici della gravità consistono,almeno attualmente,nel generare piccole fluttuazioni attorno a un Universo essenzialmente classico.Questo punto di vista della cosmologia quantistica (sviluppato in profondità da J.V.Narlikar),porta a modelli cosmologici distinti da quelli suggeriti dall'ipotesi di Everett.Un'analisi dettagliata di ciò che un osservatore vedrebbe,mostra che vi sono delle differenze tra i modelli basati sull'ipotesi originale di Everett e quelli di Narlikar,anche se al giorno d'oggi l'evoluzione sarebbe descritta con ottima approssimazione da un Universo di Friedmann classico in entrambi i casi.
ResponderEliminarI due tipi di modelli differiscono enormemente in prossimità della singolarità iniziale,e ciò può portare a differenze osservabili tra quelli basati sull'ipotesi di Everett e quelli basati sulla riduzione della funzione d'onda.L'esistenza di queste differenze permette di ovviare alla critica principale mossa all'ipotesi di Everett dai suoi oppositori;critica esposta in modo molto conciso da Shimony:"Dal punto di vista di qualunque osservatore - o più esattamente,dal punto di vista di ogni "diramazione" di un osservatore - la diramazione del mondo da lui osservata si evolve in modo stocastico.Poichè tutte le altre diramazioni sono inaccessibili alle sue osservazioni,l'interpretazione di Everett ha esattamente lo stesso contenuto empirico - nel senso più ampio possibile - di una teoria quantistica modificata in cui sistemi isolati di tipo opportuno subiscono occasionalmente "salti quantici" che violano l'equazione di Schrödinger.Pertanto Everett ottiene l'evoluzione continua dello stato quantistico globale al prezzo di una violazione estrema del principio di Occam (...)"
L'ipotesi di Everett però non viola il principio di Occam.
Quando il sistema osservato è piccolo,l'Universo,inteso nel senso corrente di tutto ciò che esiste,non si scinde.Solo l'apparato di misura si scinde.Se decidiamo che è l'Universo a scindersi,esso consiste di tutti gli Universi classici permessi dal dominio,in cui la funzione d'onda dell'Universo non è nulla.Solo in apparenza quindi,questa è una violazione del principio di Occam;poichè uno dei problemi presenti a livello classico consiste nel considerare il fatto evidente che tra tutti i punti dello spazio dei dati iniziali delle equazioni di Einstein,uno solo è stato "realizzato".È un problema comune a tutte le teorie classiche.A livello classico,per risolvere questo problema si devono porre le condizioni iniziali sullo stesso piano delle leggi fisiche.Si devono inoltre introdurre ulteriori leggi fisiche per implicare la riduzione della funzione d'onda.Adottando l'ipotesi di Everett non si deve invece ricorrere a nessuna legge nuova,perchè in questo caso tutti i punti nello spazio dei dati iniziali corrispondono a Universi classici realmente esistenti.In definitiva quindi,la cosmologia fondata sull'ipotesi di Everett,amplia l'orizzonte ontologico per "risparmiare" sulle leggi fisiche.Applicare l'interpretazione di Copenhagen,alla cosmologia quantistica (e dal punto di vista dinamico,il collasso della funzione d'onda da essa postulato),appare quindi addirittura ridicolo.È assai probabile che in un futuro,a mio avviso non troppo lontano,l'ipotesi di Everett (interpretazione a molti mondi) sostituirà sia quella statistica che quella di Copenhagen.
Fausto Intilla
www.oloscience.com